Anisakis: il parassita del pesce crudo. Sintomi e come riconoscerlo

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29/05/2018

Con la moda del sushi che sta impazzando si torna a parlare di anisakis: un parassita che si trova nel pesce e che può essere molto rischioso per la salute umana. Può infatti annidarsi nello stomaco e causare una parassitosi ma anche scatenare una reazione allergica. Le larve di questo verme infatti rilasciano delle sostanze chimiche, che vanno ad intaccare le carni dei pesci ospiti risultando per molte persone pericolose. L’anisakidosi, ossia l’infezione gastrointestinale causata da questo parassita, è sempre più diffusa anche in Europa e in Italia: con la moda del sushi infatti si mangia molto più pesce crudo di un tempo.

L’anisakis è un verme che scatena generalmente problemi al tratto gastrointestinale. A volta si risolve con una semplice terapia sintomatica ma in altri casi è necessario l’intervento chirurgico per asportare questo parassita. I sintomi non devono quindi essere sottovalutati, specialmente se compaiono dopo aver mangiare del pesce crudo.

Anisakis: la causa è nel pesce crudo

AnisakisL’anisakidosi è sempre provocata da questi parassiti, che come abbiamo accennato si trovano nello stomaco e nella carne del pesce. Fortunatamente, con la cottura le larve vengono uccise e quindi possiamo tutelarci consumando esclusivamente pesce cotto. Se però mangiamo sushi, tartare o altre preparazioni a base di pesce crudo, affumicato o marinato corriamo il rischio di entrare in contatto con questi parassiti.

Le larve di anisakis vengono uccise se il pesce viene cotto ad una temperatura superiore ai 60°C per almeno 1 minuto. In alternativa, bisogna procedere all’abbattimento, che secondo l’EFSA prevede l’esposizione per almeno 96 ore ad una temperatura di -15°C oppure per 24 ore a -20°C.


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Tra i pesci più a rischio di anisakis troviamo la ricciola, la lampuga, il tonno, il pesce spada, la sardina, l’aringa, l’acciuga, il totano, il calamaro, il nasello, il merluzzo, la rana pescatrice, lo sgombro e il pesce sciabola. Non bisogna però escludere gli altri pesci, perchè potenzialmente la maggior parte dei prodotti del mercato ittico potrebbero essere contaminati. Importante ricordare che anche il salmone affumicato potrebbe essere rischioso perchè questo metodo di “cottura” non uccide le larve.

Anisakis: sintomi immediati e come riconoscerlo

L’anisakis è un verme di colore bianco che si può vedere ad occhio nudo. Se però il pesce non viene eviscerato immediatamene, può passare facilmente nella carne e nei fasci muscolari quindi diventa molto difficile riuscire a vederlo. Le larve inoltre non sono semplicissime da riconoscere, quindi anche con un’attenta osservazione del pesce potrebbe essere rischioso escludere la presenza dell’anisakis.

Lo stesso discorso si può fare per quanto riguarda i sintomi: le manifestazioni di un’infezione provocata da questi parassiti potrebbero essere sottovalutate. Si tratta infatti di sintomi che potrebbero essere ricondotti anche ad altri disturbi o patologie. Ricordiamo che l’anisakidosi può manifestarsi da 1 ora fino a 2 settimane dopo che è stato mangiato il pesce crudo, quindi non basta prestare attenzione ai sintomi immediati.

Generalmente, i disturbi più comuni e caratteristici che si manifestano in caso di infezione da anisakis sono i seguenti:

  • Dolore e distensione addominale;
  • Nausea e vomito;
  • Diarrea;
  • Febbre (solitamente molto lieve);
  • Presenza di sangue e muco nelle feci.

Se il parassita riesce a raggiungere l’intestino, può provocare una grave reazione immunitaria. In questo caso i sintomi compaiono dopo almeno 1 settimana da quando si è mangiato pesce crudo e sono molto simili a quelli del Morbo di Crohn.


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L’allergia all’anisakis: quando cuocere il pesce non basta

Come abbiamo già accennato in apertura di questo approfondimento, l’anisakis può provocare una parassitosi ma anche una reazione allergica nei pazienti che risultano sensibili alle sostanze chimiche rilasciate dalle larve nelle carni del pesce ospite. In questi casi, la sola cottura potrebbe non essere sufficiente e bisogna eliminare completamente qualsiasi cibo che potrebbe risultare contaminato. Queste sostanze infatti sono resistenti anche alle alte temperature, quindi basta entrarvi in contatto per manifestare la reazione allergica. A rischio, in tal senso, possono essere anche le persone che lavorano nel settore della lavorazione di prodotti ittici perchè gli allergeni possono anche essere inalati.

I sintomi più comuni di allergia all’anisakissono sono orticaria, angioedema e reazioni anafilattiche, ma in alcuni casi possono manifestarsi anche attacchi asmatici, fermatiti da contatto e congiuntivite.

Cure, terapie e intervento chirurgico

Nei pazienti più fortunati l’anisakis provoca dei sintomi piuttosto controllabili e lievi e l’infezione tende a risolversi spontaneamente entro qualche giorno, con l’espulsione del parassita attraverso il vomito. In questi casi si può ricorrere ad una terapia farmacologica volta al trattamento dei sintomi e non sono necessari altri interventi.

Spesso però l’anisakis rischia di provocare un’ostruzione intestinale e deve essere rimosso attraverso l’endoscopia oppure con un intervento chirurgico a tutti gli effetti. Questo è l’unico metodo efficace per essere certi al 100% di aver eliminato il parassita dal corpo. Al giorno d’oggi non si tratta di un’operazione particolarmente complessa.

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