Alzheimer: come capire i sintomi?
Un test per scoprire se si è predisposti all’Alzheimer. Da un recente studio condotto dai ricercatori dell’università americana di Stanford, guidati dal professor Tony Wyss-Coral, è emerso che è ora possibile identificare se la persona svilupperà l’Alzheimer sottoponendo la stessa ad un test.
Lo sviluppo della malattia viene identificato da ristretto gruppo di proteine (usate dalle cellule per comunicare tra di loro) che permettono di predire con un’accuratezza del 90 per cento se una persona svilupperà o meno la malattia.
Quindi, basta un semplice esame del sangue per scoprire se la perdita di memoria dipende dal normale processo di invecchiamento o dall’Alzheimer.
Gli stessi ricercatori affermano che la diagnosi precoce è un’ottima opportunità per combattere l’Alzheimer, o quantomeno per tenere la malattia a bada.
Tra l’altro è d’obbligo ricordare che questa malattia colpisce nel mondo almeno 18 milioni di persone con perdita di memoria, della capacità di ragionare e comunicare, portando alla degenerazione della persona stessa.
Con questa scoperta si è finalmente individuata una sorta di traccia o “firma” che la caratterizza.
Infatti il professor Tony Wyss-Coral ha affermato: “Come uno psicologo può trarre diverse conclusioni ascoltando le parole di un paziente, anche ‘ascoltando’ le diverse proteine possiamo capire se c’è qualcosa che non va nelle cellule“.
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La ricerca è stata fatta su 259 campioni di sangue di diversi pazienti: alcuni colpiti dai primi sintomi della malattia, altri già a stadi conclamati e avanzati, altri ancora che non presentavano alcun sintomo.
E, partendo da un gruppo di 120 proteine note per la loro attività di comunicazione fra le cellule, ne hanno individuate 18 chiave, specifiche, che sono espresse in concentrazioni diverse nelle persone malate di Alzheimer.
Inutile dire che questo è per la scienza un traguardo importante, anche se gli esperti invitano alla cautela, in quanto la ricerca dovrà essere validata da altri esperimenti più ampi per evitare di creare false speranze. ”
Intanto i ricercatori sono ottimisti e contano di avere una prima versione del test pronta per i centri di ricerca già per il prossimo anno.
(fonte: la repubblica.it